mercoledì 19 marzo 2008

tutti i colori del freddo


Inverni lontani / Mario Rigoni Stern. - Torino : Einaudi, c1999. - 44 p. - (I coralli ; 119). - ISBN: 8806153404


Inverni lontani è un racconto lungo di Mario Rigoni Stern che ha, come filo conduttore, l'inverno, il freddo. Inizialmente si ha una sensazione strana come di un qualcosa di magmatico, di inafferrabile che cerchi di prendere ma ti scivola un po' da tutte le parti, talvolta molto fluido, talvolta terroso e pieno di pietre. Poi una frase che passa, quasi casualmente - "un ricordo invernale richiama un altro ricordo: un fuoco che ci riscaldava, un gelo che ci assiderava"" - e il caos apparente prende una forma: la forma del ricordo. Perché i ricordi non hanno una forma precisa, un contorno, son casuali. Allegramente o nostalgicamente sono disorganizzati, talvolta è un odore ad evocarli, talvolta una musica, un sapore, il suono di una voce... Qui è l'inverno a richiamare alla mente dell'autore una dopo l'altra tutta una serie di immagini. Le immagini dell'infanzia con i suoi giochi, la costruzione di un paio di sci di legno, le gare sugli slittini. Le immagini della guerra, con i volti dei compagni incontrati e non tornati, il gelo del fronte russo e la neve altissima di quello albanese. Le immagini dei luoghi delle proprie origini, dell'altopiano di Asiago con le sue tradizioni, i suoi sapori: la semina e la raccolta delle patate per la scorta dell'inverno, la grappa, i crauti, il pane di frumento (ma dove oggi si potrebbe ritrovare quel sapore?). Su tutto costantemente il bianco della neve con una sensazione di freddo che un po' ti prende le ossa, un po' ti scivola addosso. Su tutto una sensazione di calma, di quella calma tipica di chi ha vissuto e ad un certo punto si volta indietro a guardare.
Insomma ero partita perplessa, ma alla fine mi è piaciuto, perché è stata una lettura che mi ha rilassato e cullato molto.

Ora però (non me ne vogliate) una piccola deformazione professionale. La citazione del brano in cui Rigoni Stern parla della biblioteca di cui si è occupato per un breve periodo e il racconto di un diverso valore della lettura:

"Due o tre ore ogni sera le passavo a riordinare la biblioteca degli ex combattenti, che aveva un migliaio di volumi. Per intiepidire la stanza mi portavo da casa un po' di legna e accendevo il fuoco nella stufa di cotto. C'erano molti volumi che riguardavano la Prima Guerra Mondiale, ma pure romanzi della «Medusa», gialli, rosa, tutto D'Annunzio, Oriani, Papini, e anche uno scaffale di libri naturalistici e scientifici lasciati per testamento da un vecchio ingegnere, e l'Enciclopedia Utet. I romanzi di cappa e spada e dell'Ottocento francese erano i più richiesti dai lettori e dalle lettrici che venivano dal contado, e quando li riportavano sapevano di stalla. Si sa, allora non c'era la televisione, pochi avevano la radio e la gente leggeva di più. Alla domenica mattina, dopo la messa, venivano in biblioteca anche dalle contrade lontane. Pagando venti lire potevano avere in prestito un libro per quindici giorni. Gli ex combattenti avevano lo sconto e pagavano la metà. Insomma, che cosa importava se quando li restituivano avevano odore di vacca e di letame e se erano un po' sciupati? Intanto venivano letti nelle lunghe sere invernali, magari a voce alta, alla tenue luce delle cucine o nelle stalle mentre si aspettava il parto delle vacche.
Quelle venti lire per libro così raccolte e giornalmente registrate servivano per pagare un modesto canone alla vedova che ci affittava la stanza al piano terreno e il cui marito era morto prigioniero in Africa. Riuscivo persino a far rilegare ogni mese una decina di libri da Costantino, un falegname reduce anche lui dalle patrie guerre, che alla domenica e alla sera faceva bene il rilegatore. E riuscivo addirittura a comprare qualche libro nuovo di narratori e poeti, o qualche saggio di storia che istintivamente sceglievo dai cataloghi delle case editrici.
Fu così che i miei giovani compaesani poterono leggere Kafka, Faulkner, Babel', Hemingway, Garcìa Lorca, Eliot, i poeti russi, Carlo Levi, Pavese, Vittorini, Gramsci... Queste mie scelte arbitrarie provocarono in paese una certa reazione da parte dei benpensanti che vedevano nella piccola biblioteca un luogo di riunioni sovversive. Ma che belle discussioni in quelle sere invernali! Quanto entusiasmo nei nostri discorsi animati da letture che ci avevano fatto scoprire un mondo che fino ad allora ci era stato tenuto nascosto."

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