mercoledì 6 agosto 2008

giri di idee

Premessa: Qualche settimana fa un po' seriamente e un po' per scherzo (molto per scherzo in realtà) ho parlato di S. M. Ejzenštejn e di un lavoretto che feci ai tempi dell'università. Partendo da lì mi è poi capitato di affrontare nuovamente l'argomento e la cosa mi ha fatto venir la voglia di andare a ricercare i libri che studiai all'epoca. Ne avevo un ricordo netto, molto piacevole e gratificante per cui in realtà dentro di me aspettavo solo una spintina per poter riaprire quel cassettino.
Molti libri erano a casa dei miei, altri invece in biblioteca. Una volta recuperati li ho inseriti su Anobii (se volete li trovate insieme ad altri con l'etichetta "cinema") e nel farlo li ho quindi ripresi in mano cogliendo l'occasione per rileggere qualcosa, un brano qua, una frase là. Una cosa in particolare però mi ha attratto in maniera fulminante: il testo de Le memorie pubblicato in Italia da Editori Riuniti nel 1961. Riaprirle e perdercisi, è stato un attimo. Un attimo bellissimo però. Un giorno, quando avrò finito di rileggerle, e soprattutto quando le avrò metabolizzate, farò un post più lungo, più meditato, più accurato, più tutto. E lo farò sicuramente.
Ora però vi volevo lasciare un brano che trovo bellissimo. Vi si parla di libri, di lettura, di letture, di librerie, di viaggi e di libri compagni di viaggio. E a farlo è una delle menti più elaborate e arcane, ma anche una delle più fresche, che mi sia capitato di incontrare. In realtà l'avevo trascritto per mandarlo in una mail, però poi rileggendolo mi è sembrato molto bello condividerlo qui. Sono convinta che mi si perdonerà.

(ho cercato una foto di Ejzenštejn nella sua biblioteca ma non l'ho trovata e quindi ho ripiegato su questa qui, che peraltro trovo carinissima, in compagnia di Topolino)


Libri e strade (S. M. Ejzenštejn)

Ai piedi di alcuni santi accorrono gli uccelli. Assisi.
Ai piedi di alcune figure della leggenda si accoccolano le belve: Orfeo.
Intorno ai vecchi di piazza San Marco, a Venezia, passeggiano i colombi.
Con Androclo fece lega il leone.
Con me fanno lega i libri. Accorrono, si radunano, mi si attaccano addosso.
Sono tanti anni che li amo: grandi o piccoli, esili o voluminosi, rari o di poco pregio, con le copertine vistose e pensosamente calzati nel cuoio duro come in morbide pantofole.
Non devono mai essere accurati, come abiti appena usciti dalla sartoria o gelidi come camicie inamidate. Ma non per questo devono essere coperti di cenci sudici!
Bisogna maneggiare i libri come un arnese, come un utensile.
Ed io li ho amati tanto che, alla fine m'hanno ricambiato l'affetto.
I libri, come frutti succosi, mi si spappolano in mano e, come fiori incantati, schiudono i loro petali, lasciandomi dentro un certo giro di idee, una parola suggestiva, una citazione appropriata, un'illustrazione persuasiva.
Io sono capriccioso nella scelta. Ed essi mi vengono volentieri incontro.
Mi stringono in un cerchio fatale.
Un tempo mi bastava una sola stanza rivestita di libri.
Ma, in seguito, dalla «biblioteca» si è passati allo studio, e da qui alle pareti della camera da letto.
E dire che i miei libri non sono affatto straordinari! Eccezionale è semmai la loro commistione, non già il valore d'antiquariato o decorativo. E, del resto, non valgono nemmeno per il rigore della scelta, ma per l'assoluta mancanza di testi che bisogna avere!
Spesso non li apprezzo in sé, ma per l'insieme di idee a cui sono collegati nella mia mente, per quella paginetta talvolta casuale che è sommersa in un mare di capitoli senza interesse, per quella riga sperduta nell'indifferenza di pagine che parlano di altro.
La viscosità di quest'«aura», delle radiazioni (o nebulose) che sciamano intorno agli stessi colpevoli, sembra quasi materializzarsi in una ragnatela nella quale si scivola per timore di spezzarla, come si spezzano i trepidi ed esili fili delle associazioni di idee, e ci si sente come sapienti di Laputa, ansiosi per le loro tele di ragno.
A volte qualche persona più o meno sincera si sforza di dimostrarmi che non si tratta di una tela di ragno, ma di un ordito di filo spinato, che mi separa con la saggezza dei libri dalla viva realtà.
Queste persone sono sincere a metà, e le loro affermazioni sono semivere.
Lo stesso si dica dell'accusa di far troppe citazioni.
Citazioni! Citazioni! Citazioni!
Già il principe Kurbskij autore di un trattato sui segni d'interpunzione, e per il resto traditore della patria, rimproverava a Ivan il terribile le sue citazioni.
Ma vi sono citazioni e citazioni. Ce n'è di quelle di cui il dogmatico si serve per nascondere la propria ignoranza o difendere il suo qiueto vivere all'ombra di un'autorità.
Le citazioni possono essere un'inerte compilazione.
Ma per me le citazioni sono i cavalli laterali di un tiro a tre. A volte sbandano, ma comunque aiutano la fantasia a correre. L'essenziale è di non lasciarsi sfuggire le redini di mano!
Ma Dio ci scampi dalle citazioni che si susseguono come cavalli attaccati l'uno dietro l'altro!

Dovunque io vada, in una casa di cura, in una città, in giro per lavoro o solo per riposo, mi pongo sempre una domanda: che libri dovrò scegliere come compagni di viaggio?
Non m'interessa che la cravatta non s'adatti ai calzini o il colore del cappello al taglio della giacca (se non si trovano in un film, ma sulla mia persona). E invece i libri scelti per un viaggio devono «legare» tra loro come i fiori di un bouquet.
Anche il paesaggio, che si suppone di vedere, non può non influire sulla scelta. Spesso non per analogia, ma per contrasto.
Il libro e la strada. Si viaggia tra le pagine e tra i monti, le steppe, le pianure.
Non capisco i versi, e non me ne sono mai interessato. Ma il ritmo delle ruote e quello della prosa sono per me un'associazione indispensabile...

(S. M. Eisenstein, Memorie, Roma 1961, pp. 49-51)

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