L'altro giorno mi è arrivato un messaggio parlava di spessori e di rifrazioni, di luminosità e se si vuole anche di ombre. Dei miei spessori, delle mie luminosità, delle mie luci e se si vuole delle mie ombre. Un bel messaggio, reso bello dal fatto che chi me l'ha scritto non mi conosce, non mi conosce più di tanto almeno. Reso soprattutto bello dal fatto che è arrivato in un momento in cui l'unica cosa di luminoso che avevo era una bella lacrima all'angolo di un occhio. Una bella lacrima che infatti inesorabile ha deciso immediatamente di scendere giù. Una sola sensazione quella dell'acqua salata che si fa strada nel viso millimetro dopo millimetro, poro dopo poro, piega dopo piega lasciando una scia che brucia dietro di sé. Nessuna agitazione reale, nessuna difficoltà, solo un lasciarsi andare a un'emozione. Una solo desiderio poi, quello di dire grazie, magari trovando le parole giuste. Che le parole giuste sono importanti, essenziali. Così essenziali che le vorrei avere sempre giuste, per ognuno. Vorrei poter avere il tempo di sceglierle, di avere la lucidità giusta per pesarle e regalarle. Adeguate, sonore, musicali, secche, ironiche o arrabbiate. Di tanti tipi, con tanti gusti, soltanto mai a caso. Vorrei questo da me per gli altri. In questo caso grazie è una bella parola, breve e scrocchiante. Una parola che si potrebbe legare a un abbraccio se ci fosse la possibilità di trovarsi. Davvero.
Oggi invece con qualcun'altro si parlava di suggestioni, di frasi e di rami. Di cose che ti entrano da una porta strana e poi stanno lì ad aspettare che tu gli trovi un significato, o se non un significato un posto. O se non un posto una ragione. Poi ti fermi e pensi che non sempre c'è bisogno di ragioni, di posti o di significati. Basta che quella cosa sia entrata dalla porta strana.
Ora ero qui, in un attimo di pausa non so se dal lavoro o da me stessa e riflettevo su una cosa: ho belle conversazioni io a volte.
1 commento:
Molto belle.
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