Quattro giorni lì, a girare in basso, fino all'ultimo giorno: la vigilia di Natale. Il giorno in cui alla fine ha preso la salita. Fino a una casa alta. Stretta e alta. Una casa fino ad allora vista solo in bianco e nero e che a un tratto invece diventava a colori. Gli scuri rossi delle finestre, il giardino con le sedie di ferro, il tavolino, un pergolato nel verde, il boschetto, la fontana. E la montagna sempre di là, fissa. A occupare lo sguardo, a occupare i pensieri. A spiegare il perché di quella che per tanto tempo è sembrata un'ossessione.
Poi una porta stretta e una rampa di scale. In cima una stanza grande, altissima, piena di luce e di cose: alcune sedie, un tavolo, due cappotti, un paniere, un crocifisso, tre teschi, piatti, tazze, scodelle, una marea di cocci sbeccati, cavalletti, un pannello cinese, tele finite o solo abbozzate, litografie, disegni, fotografie, lettere e un amorino. Nell'angolo una fessura nel muro, alta quanto la parete, chiusa con una porticina assurda, stretta e lunga. Stretta e lunga lunga. La ragazza però sorride capisce che era fatta apposta per far passare le tele grandi, quelle che dalle scale non sarebbero passate. In un lampo vede bagnanti che escono di lì, tuffandosi quasi nel verde. In un lampo è come se nella stanza ci fosse qualcuno.
C'è un'aria strana, una luce strana, un'atmosfera strana. L'atmosfera di quando arrivi proprio al centro di una delle tue passioni e non puoi far altro che perderti. Non puoi far altro che sentire una stretta da qualche parte tra lo stomaco, il cuore e gli occhi.
A quel punto la ragazza non ha potuto far altro che ridiscendere le scale e uscire. L'incontro che voleva fare l'ha fatto, le attese che voleva capire le ha capite, i colori che voleva trovare li ha trovati. Anche gli azzurri, quegli azzurri che non riusciva spiegarsi. Ma prima di uscire non ha resistito e non ha potuto fare a meno di rubare una fotografia.

2 commenti:
una foto bellissima
Davvero un luogo stupendo, d'altri tempi.
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