ovvero i pensieri della domenica pomeriggio mentre ti fai 60 chilometri in macchina da sola (60 all'andata e 60 al ritorno)
L'altro giorno ero in macchina e a un tratto mi è venuto da ridere. Mi è venuto da ridere perché alla radio una voce maschile che amo tanto mi cantava il bisogno di silenzio e io ero lì che cantavo con lui che c'è bisogno di più silenzio, proprio profondamente convinta di questa cosa. Solo che mi è venuto da ridere perché mi commuovevo sul bisogno di silenzio e nel frattempo avevo la macchina accesa, la radio alta e io cantavo come una pazza. Evviva il silenzio proprio. Allora ho iniziato a pensare che in verità in quel momento lì avevo più silenzio di quanto non avessi avuto in altri momenti a casa, al buio. Avevo silenzio perché il mio silenzio era dentro di me, perché ero in uno di quei classici e perfetti momenti in cui non sei invasa dal rumore delle emozioni, delle paure, dei casini. Ero lì che cantavo a squarciagola solo che ero perfettamente silenziosa. Una sensazione meravigliosa, un qualcosa di virtuoso che più lo percepivo e più mi faceva sorridere e più mi faceva sorridere e più mi faceva cantare e più mi faceva cantare e più mi faceva stare bene. Forse sarà stato perché andavo al corso di pasticceria e l'idea di stare un pomeriggio a impastare e intrugliare mi piaceva. Forse sarà stato che ultimamente mi sento sempre più spesso così, senza rumori di fondo, fatto che mentre andavo ho sentito che io un bel pezzo di silenzio me lo sono conquistato. Con le unghie e con i denti, ma lo vedo. Adesso si tratta di difenderlo. E mentre ero lì che, sempre cantando, facevo strategie strampalate per andare alla conquista della mia pancia e del mio mondo ho pensato anche una cosa che non c'entra nulla con quello che ho detto finora ma la dico (anche perché forse c'entra e tanto anche). Ho pensato che ultimamente ci sono state cose nuove qui, grandi piccolezze ma importanti, che ultimamente ho trovato parole nuove di persone nuove intorno a me. Ho trovato parole importanti. Ecco tutte queste cose insieme mi hanno fatto sentire che io sono quel che sono, poco o tanto non sta a me dirlo. Cioè io di mio direi poco, ma forse sbaglierei anche. Ho capito che le persone che ti vogliono bene sono quelle che ti danno la possibilità di mostrare le debolezze e ti mostrano le loro. E che anzi quando è mi successo che una persona mi si sia rivelata dandomi la possibilità di fare lo stesso allora il legame che si è creato è speciale, forte, proprio tutto il contrario della debolezza. Di quei legami che basta che ci pensi e ti fanno sbocciare un sorriso.
Ho sentito che io non ce la faccio a partire a correre sempre, spinta a forza sulla linea di partenza. Che non sono pronta alla gara per qualsiasi motivo perché ne soffro. Ne soffro di brutto anche. Sono di quelle persone che in condizioni così non partono neanche ma che lasciate libere di correre come vogliono ne fanno anche mille di giri dello stadio. Magari camminando e chiacchierando con quello accanto ma li fanno. Quando si arriva si arriva.
L'altro giorno il mio dottore che ci parlo mi ha detto che io la competizione non so neanche cos'è e che venerdì mi porta la fotocopia del vocabolario. Io allora l'ho guardato, ho fatto una di quelle gran risate che di solito anticipano la gran cazzata e gli ho risposto: sarà per questo che ho il culone?
Lui ha riso e mi ha detto che sono un fenomeno. Speriamo solo non da baraccone.
1 commento:
poi me la passi, la fotocopia del vocabolario? :)
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