martedì 31 agosto 2010

quello che inizia con senti

Sono due mesi, forse anche tre, che col dottore che ci parlo una volta a settimana mi alleno a sentire le cose. Io che di natura forse vorrei provare a capirle le cose, mi devo limitare a sentirle. Io che già vivo di pancia devo andare ancora oltre e provare a staccare ancora di più la spina e a avvertire sottilmente a un livello di intimità che sono sincera mi fa parecchia paura.

L'altro giorno ero al mare, dai miei, nel giardino con la siepe intorno. La siepe che limita lo sguardo ma che adesso mi protegge. Che ultimamente mi sento nuda anche quando sono vestita, mi sento come se chiunque mi potesse leggere attraverso. Saranno gli occhi sempre lucidi. Sarà che mi vedo incerta, nei movimenti. A tratti quasi storta. Io che di me apprezzo più di tutto il portamento. Quasi altero, diritto.
L'altro giorno ero al mare dai miei nel giardino con la siepe intorno, il libro in mano a far finta di leggere. Il libro in mano perché nessuno mi chiedesse conto dei miei pensieri. Lo sguardo sulle pagine. Le pagine trasparenti. E a un tratto mi sono detta, "Prova" e ho provato a sentire, a staccare la testa e semplicemente a sentire. Un po' come dare gas e accelerare, la schiena incollata alla sedia e via. Provare a sentire le mie paure, provare a sentire i miei sentimenti. Sembra uno scherzo che se le cose sono tue mica è difficile sentirle. E invece lo è, ve l'assicuro. Perché come si finge bene con l'essenza delle proprie cose non si può descrivere. Ero lì e ci ho provato e li ho sentiti entrambi. Ne ho avvertito i contorni, gli ostacoli. Ho sentito la vertigine per gli strapiombi. Un primo passo che da sentire c'è ancora tanto, ma un piccolo passo importante.
Ho sentito l'importanza di un amore. Ne ho sentito la profondità. Si è fissato dentro di me e ci vive. Ho sentito le mie paure. Che non è per niente vero che sono brava con le mie paure. Io baro con le mie paure. Solo che ultimamente le paure erano troppe e quindi era bene iniziare a provare a sentirle, a guardarle, a toccarle. Paure piccole, medie, grandi. Paure enormi. Anche paure che non ho avuto mai ma che ultimamente sono arrivate anche loro. Queste proprio bastarde. Ero lì e sentivo e provavo a fissare dentro di me quelle emozioni, quelle sensazioni. Il sorriso al pensare a un volto e l'angoscia allo stomaco a pensare ai passi, alle strade da fare, ai volti della mia famiglia che guarda aspettando quello che faccio. Tutti lì in apnea senza respirare quasi non fossi più la stessa persona e non sapessero più come agire con me.

Ho sentito che è il momento di chiudere gli occhi, farsi un po' di forza e provare. Che provare me lo devo.

Che poi ora non so neanche perché ho scritto questo post. So che lo pubblicherò e che immediatamente mi sentirò come una che è rimasta in mutande. Intanto venerdì torno a chiacchierare che questo tragitto fino a Roma me lo devo fare tutto e a piedi. Anche se in effetti il Freccia Rossa era più comodo.

3 commenti:

Raffa ha detto...

Il Freccia Rossa è spesso e volentieri in ritardo e ha le coincidenze scomode. Meglio farsela a piedi e quando si trova un bel prato sdraiarcisi in mutande!

peppermind ha detto...

Però ha tutto un suo brivido, gettarsi nella notte tutti nudi.

simple ha detto...

Abbraccio